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Charlie Chaplin: Charlot il vagabondo
26 ottobre - 6 novembre 2020
Per la rubrica
Oggi le comiche: Bombetta, baffetti, bastone da passeggio, un completo dai pantaloni larghi e la giacca stretta con un paio di scarpe enormi e consumate sono stati gli abiti della maschera comica più celebre di tutti i tempi: 𝗖𝗵𝗮𝗿𝗹𝗼𝘁, l’omino interpretato da un giovane Charlie Chaplin (all’anagrafe Charles Spencer Chaplin).
Le comiche dello strampalato vagabondo toccavano i sentimenti, facevano soltanto ridere. La storia, le espressioni del corpo e del volto erano calate nelle vicende umane ispirate alla società dell’epoca e senza l’uso delle parole diventavano universali, al di là di ogni confine geografico e temporale.
La carriera cinematografica di Charlie Chaplin ha attraversato tutto il Novecento vivendo in pieno l’epoca d’oro del cinema muto ed anche il passaggio al sonoro. La mimica della comunicazione non verbale non svanì con l’avvento del sonoro. L’elemento che accomunava i due momenti era la musicalità e l’armonia con cui Charlie Chaplin si muoveva danzando tra comicità e dramma, per raccontare la sua visione del mondo e della vita: pacifista in tempo di guerra, contrario a ogni forma di nazionalismo e favorevole a politiche sociali a difesa dei più deboli.
Un comico che a partire dal 1914 trovò fortuna negli Stati Uniti, dopo una lunga gavetta nella stessa compagnia inglese di varietà in cui aveva lavorato Stan Lauren, “Stanlio”.
Dopo il successo commerciale ottenuto grazie ai cortometraggi, fondò la casa di produzione “United Artists”.
La caratteristica dei film di Charlie Chaplin era dovuta ad una consapevolezza artistica in cui divertimento e commozione, comico e drammatico si alternavano abilmente, sfruttando un linguaggio comprensibile a tutti. Un modo d'esprimersi in cui l’artista si immergeva con tutto se stesso portando la propria esperienza di comico, ma anche di uomo assieme al suo vissuto: un’infanzia difficile, padre ignoto, madre attrice alcolizzata, povertà e un’esperienza, fin da bambino, da attore sulle strade di Londra.
La vicenda biografica e non solo, venne trasmessa da Chaplin nei suoi film, dal 𝗠𝗼𝗻𝗲𝗹𝗹𝗼 del 1921 alla 𝗙𝗲𝗯𝗯𝗿𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹’𝗢𝗿𝗼 del 1925, 𝗟𝘂𝗰𝗶 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗰𝗶𝘁𝘁𝗮̀ del 1931, 𝗧𝗲𝗺𝗽𝗶 𝗠𝗼𝗱𝗲𝗿𝗻𝗶 del 1936 fino a 𝗜𝗹 𝗚𝗿𝗮𝗻𝗱𝗲 𝗗𝗶𝘁𝘁𝗮𝘁𝗼𝗿𝗲 del 1940 e 𝗟𝘂𝗰𝗶 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗿𝗶𝗯𝗮𝗹𝘁𝗮 del 1952.
In particolare nel “Monello” raccontò la propria infanzia puntando a creare un personaggio che toccasse le corde profonde dell’animo umano. La sua capacità di far ridere e piangere allo stesso tempo era frutto di una sensibilità che attingeva a piene mani dall’alfabeto dei sentimenti. La maschera da lui creata, seppe rappresentare la fragilità, l’allegria, la tristezza e la rabbia del genere umano perduto con una poetica comprensibile anche per chi non sapeva cosa significasse vivere con dignità la strada.
Nel 1952 Chaplin, in viaggio verso Londra per la prima di "Luci della ribalta", venne raggiunto dalla notifica di annullamento del permesso di rientrare negli Stati Uniti. Le sue idee vennero considerate rivoluzionarie, nel senso strettamente politico da chi lo accusava di essere un comunista. Un controsenso per lui che nel 1940 aveva scritto il film "Il Grande Dittatore", un inno alla pace e alla ragione umana in difesa della libertà contro l’odio, l’intolleranza e i regimi totalitari.
Questo film è diventato una sorta di poetica senza tempo, a tal punto che, nel 1972, fu invitato a rientrare negli Stati Uniti per ritirare il suo secondo premio Oscar alla carriera, dopo il primo nel 1920. In questa occasione ricevette la più lunga ovazione nella storia del premio.
Risorse reperibili su
Bibliotu
inserita 26/10/20